Burro o Macario?

Macario


1945 10 Musica Macario intro

Burro o cannoni? fu chiesto dalla tribuno di un Parlamento diversi anni fa, durante un'animata discussione sul riarmo, ed il popolo, anzi i popoli civili, nello loro saggezza risposero: Burro! E così si ebbe la più grande conflagrazione mondiale che la storia ricordi. Sembra un paradosso mentre si tratta della più tragica realtà vissuto e sofferta.

Oggi la nostra stampa si trova davanti ad un identico dilemma, non così grave per nostra fortuna, ma non per questo meno interessante per le sorti del nostro teatro: Shakespeare o Guitry? e le platee rispondono: Macario!

Si potrebbe concludere allora, parafrasando il vecchio e non giudizioso detto: «il popolo ha il Governo che si merita», che il pubblico ha il teatro che si merita, ma non saremmo nel vero, poiché fatti estranei alla sensibilità ed alla maturità artistica del pubblico, che frequenta il teatro, determinano spesso certe crisi, certi compromessi del tutto contingenti tra il senso d’autocritica cd il bisogno diremo cosi animalo, di svago, d’abbandono, di stordimento.

È un fenomeno tipico del dopoguerra, al quale non va soggetto soltanto il nostro paese (uscito inoltre da un altro duro e lungo incubo non meno debilitante e calamitoso) che ha inciso soprattutto sulla nostra volontà e sulle nostre facoltà di giudizio.

Non intendiamo qui fare il processo alle intenzioni di Macario. al suo genere preferito, alla sua maschera, tutta esteriorità. Lo spettacolo fastoso, abbacinante, ricco fino alla prodigalità ed anche licenziosetto, che egli ha presentato in questi giorni al Lirico di Milano, servendosi di tutte le accortezze, di tutte le droghe usate a suo tempo da Leon Volterra per le sue revùe parigine. aderisce, più che al gusto corrente, al momento caotico in cui vivi amo.

Ma ogni veleno ho il suo antidoto: passata questa febbre... azzurra lo spirito troverà modo di disintossicarsi e riprendere il suo normale equilibrio, le sue naturali funzioni elettive.

Non v’è dunque ragione di allarmarsi, tutto il mondo oggi è in uno stato di ebrietà, di follia, di eccitamento, ma è, come prima dicevamo, un fenomeno di carattere aleatorio e transitorio.

I «borderò» serali di Macario, che sono divenuti proverbiali, non potranno influire sulle sorti del teatro di prosa se le nostre compagnie si decideranno a mettere in scena lavori nuovi e non solo nuovi, ma interessanti, densi di pensiero e di azione, ricchi nella forma ed originali nella sostanza adottando poi criteri diversi nella scelta delle «riprese».

Gli attori di levatura superiore oggi non mancano ed anche tra i giovani ci sono molte e sicure promesse. La prosa, come la lirica, possono inoltre contare su una schiera di registi, capaci con la loro tecnica ardita e la loro sbrigliatissima fantasia di allestire spettacoli che nulla avrebbero da invidiare alla «maniera» di Piscator od alla scuola dei seguaci del Reinhardt.

Non esiste quindi una crisi, come non si può parlare di slittamento del pubblico verso forme minori di teatro, quando esista un «repertorio».

Autori italiani e stranieri e fra questi, Benelli, Thornton Wilder, Sharwood e Saroyan hanno promesso di scrivere per la Merlini, Ruggeri, Ricci, ecc. ecc. delle novità, mentre si è avuta una ottima riduzione per le scene del noto romanzo di Steinbeck: La luna tramonta, e pronte sono, secondo quanto si dice, alcune interessanti traduzioni, fra le quali quella della moderna tragedia di Anouilh: Antigone e del più grande successo di Broadwav: Oklahoma.

Se dunque ci auguriamo una prossima fortunata ripresa del nostro teatro di prosa, non intendiamo con ciò auspicare la fine degli spettacoli a chiave, formula Macario, anzi, ma ci compiaceremo nel veder ristabilito un equilibrio di valori, cosi da sfatare la leggendo di una «collettività priva di senso critico».

Quanto a Macario, il più discusso dei nostri comici della rivista musicale, siamo certi che egli potrebbe pei venire ugualmente al successo personale, per il suo stile, per le sue infinite risorse artistiche, pur lasciando da parte certe combinazioni e certi compromessi di maniera, superati anche nel campo della «feerie» e della «rivista». Perchè oggi c’é molta sente, stampa compresa, che si chiede se gli esauriti di Macario non si debbano allatti attiva rappresentata dalle sue bellissime e discinte ragazze, anziché alla esilarante maschera ed alla curiosa recitazione dell'attore.

Nostro convincimento è che questa coorte muliebre che da colore e calore allo spettacolo sia più di una cornice nel quadro d assieme e che non abbia, nella tenue vicenda, solo funziono corale e coreografica.

Ma senza Macario, punto di riferimento e di irradiazione di ogni loro pretesto scenico, anche queste magnifiche bambole viventi perderebbero molto del loro interesse, poiché è dal contrasto col carattere, con la recitazione al cosiddetto physique du róle del nostro comico che nasce questo particolare interesse del pubblico per il loro ruolo, per il particolare fascino della loro esuberante giovinezza.

Enrico Frati, «Musica», ottobre 1945


Musica-e-dischi
Enrico Frati, «Musica», ottobre 1945