Le facce mai viste della marionetta Totò

Totò

La memoria. Un convegno all'Università di Roma vuol rendere giustizia all'attore.

Si incontrarono che avevano 14 e 16 anni, due ragazzi che sarebbero diventati stelle di prima grandezza, Eduardo De Filippo e Totò. «Ci riconoscemmo come artisti di razza» ricordò il primo dopo la morte dell'altro. Era andato a trovarlo nel camerino del Teatro Orfeo, a Napoli, dove il comico muoveva i primi passi nel varietà. Quella precoce intesa, la contiguità delle loro origini e dei loro interessi sembravano la premessa di un cammino che li avrebbe uniti. Invece in teatro non fecero mai niente insieme. Successe nel cinema, nel '50, nella versione per lo schermo di Napoli milionaria. Per fare largo a Totò, Eduardo sdoppiò il personaggio che lui interpretava sul palcoscenico e le differenze fra il testo scritto e il film sono illuminanti per capire la collaborazione che fra i due doveva essere scattata, le piccole e grandi gags che - vicini - essi seppero inventare. Ma fu l'unica volta che lavorarono nello stesso film. E secondo alcune fonti, Totò - per ragioni di cassetta, perché famosissimo - sarebbe stato imposto dal produttore De Laurentiis. Eduardo, suo malgrado, avrebbe dovuto accettare.

1998 12 02 La Stampa Centenario Filmografia virtuale 01

De Filippo toglie la firma dal film

Eppure i loro itinerari di continuo si sfiorarono. Eduardo scriveva soggetti e sceneggiature, senza firmarli, di film Carlo Lodovico Bragaglia, il primo grande regista che diresse Totò. E scrisse il soggetto di Totò le Moko, togliendo poi la sua firma per dissidi con la produzione. Progetti, discorsi andati in fumo. Anche per Questi fantasmi ci fu un inizio di trattativa: il film si realizzò anni dopo, però con Renato Rascel. Paola Quarenghi, ricercatrice di Storia del Teatro all'Università di Roma, ripercorre questo tassello della intensissima vita di Totò nel grande convegno che Roma gli dedica in occasione del centenario della nascita, da domani a venerdì: «Totò oggi - Memoria, affetti e eredità di un attor comico». Recitano, mimano, ricordano, i personaggi dello spettacolo che con lui hanno lavorato o della sua lezione si sentono in qualche modo eredi. Mentre riflettono e vanno al di là del già detto, e del consumo della sua immagine che la pubblicità osa fare, i linguisti, i musicologi, gli storici del cinema e del teatro, i fans di quella «macchina perfetta di comicità» che Totò seppe diventare. «E' l'occasione per ripensare questa presenza importante nel nostro teatro. L'Università doveva farlo. Ci siamo detti: basta con i festeggiamenti, è arrivato il momento di rendergli onore e assegnargli il posto che si merita» concordano le docenti dell'Università La Sapienza che hanno ideato la manifestazione, Franca Angelini e Antonella Ottai, entrambe del Dipartimento di Italianistica e Spettacolo.

Totò burattino e marionetta, dunque. Ma anche lo stralunato inventore di una gestualità grottesca. Il creatore di infiniti pastiches verbali, di situazioni surreali, di paradossi e nonsense. L'erede dei grandi del varietà napoletano (come Gustavo De Marco, inventore di quella gestualità che l'esordiente Totò imitava con un tale successo da spingere il maestro, nel '23, a decidere di ritirarsi definitivamente dalle scene). Il depositario di un raffinato registro musicale interiore, quello che gli faceva collocare il gesto in un certo modo e alzare la voce in un certo momento. La maschera grandiosa di cui Pasolini si serve quando vuole abbandonare la mortifera grevezza dell'ideologia e cerca la lievità della poesia, del sogno: con la trilogia pasoliniana La terra vista dalla luna, Uccellacci e uccellini, Che cosa sono le nuvole (uscito nel '68, un anno dopo la sua morte), si conclude il suo percorso, che significa anche un ritorno al cinema d'autore degli esordi.

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«Don Chisciotte» con Rascel

Tanti temi, tante ipotesi sui progetti che lo videro coinvolto - vero oggetto di desiderio da parte di personaggi alti dello spettacolo - e che non si realizzarono. Il Don Chisciotte che Zavattini aveva scritto per Totò e Rascel. Il Pinocchio sceneggiato da Nelo Risi e Carmelo Bene, che prevedeva Totò nel ruolo di Geppetto e Carmelo Bene in quello del protagonista. Il Totò il buono di Zavattini, che sarebbe poi diventato Miracolo a Milano ma senza Totò. Nella rete fitta delle sollecitazioni che il personaggio offre non si perde Claudio Meldolesi, docente di Drammaturgia al Dams di Bologna. Dice: «Totò intuisce l'aspetto grottesco del divenire italiano, e come tale possiamo vederlo molto prossimo a noi. Lui ha avuto il merito di svegliare i nostri intellettuali sulla dimensione dell'esibizione e del distacco dalla bassezza della quotidianità, sulla dimensione della carica aggressiva che non appartiene al sentimentalismo comico di tradizione ottocentesca. Mi commuove la sua cecità, che contiene in sé l'energia e il potere della veggenza, e ne fa - insieme con la Duse e Petrolini - l'ultima grande voce della tradizione teatrale italiana». Liliana Madeo Grandi progetti con Eduardo, ma uno solo realizzato, quello di «Napoli milionaria» Zavattini e Risi gli offrirono molti ruoli anche in un «Pinocchio» con Carmelo Bene Totò, un grande attore capace di sedurre gli intellettuali italiani

Liliana Madeo, «La Stampa», 2 dicembre 1998


La Stampa
Liliana Madeo, «La Stampa», 2 dicembre 1998