Peppino De Filippo: «il futuro mi fa paura»
Peppino De Filippo si confessa, alla vigilia del suo debutto come presentatore di "Scala reale"
«Il divorzio, la pillola... sono I solo due, ma quanti nella realtà I problemi grandi e piccoli che bollono in pentola! Come si fa a credere oggi che non avere tutti i figli che manda il buon Dio sia peccato? Come si fa a pensare che due persone che non vanno più di accordo debbano continuare a vivere insieme, magari odiandosi, perchè sono marito e moglie? La Chiesa è rimasta troppo attaccata al passato, è ancora ferma agli insegnamenti di Gesù Cristo e degli apostoli... Sa che cosa penso io? Penso che ci vorrebbe un nuovo Gesù Cristo. Ma se venisse oggi. Gesù Cristo, noi gli diremmo: "Senta Gesù, lei ha ragione, le cose che lei dice sono bellissime, ma provi lei a vivere quaggiù con la bomba atomica, con i sottomarini atomici, provi a vivere in questo mondo di belle donne che come ti volti ne vedi una più bella dell'altra...". Lei penserà che sono matto, ma io credo che se Gesù Cristo tornasse non pretenderebbe che l’umanità viva oggi con le stesse leggi di duemila anni fa. Senta: a Praga ho visto un matrimonio che mi ha commosso; lui avrà avuto sui trent'anni, lei una ventina. Uscivano dal municipio dopo la cerimonia tenendosi per mano e se ne sono andati via con semplicità, senza messe in scena, felici, lo credo che quei due, se un giorno non dovessero più andare d’accordo, si separerebbero con la stessa semplicità con cui si sono uniti...».
Chi parla così è un attore comico, Peppino De Filippo, ma non recita una parte, non sta leggendo un copione. Queste frasi, ed altre, me le ha dette durante una lunga chiacchierata alla vigilia del suo debutto come presentatore televisivo di «Scala reale».
Mi ha ricevuto nella stanza di soggiorno della sua bella casa romana, una villetta silenziosa e tranquilla, a una decina di chilometri dalla città, lontana dal traffico, dai rumori. La stanza è bella, luminosa, confortevole, intima: in una vetrina una raccolta di preziose statuette di Capodimonte rivela la sua natura di napoletano saldamente attaccato alla terra d’origine; su una parete, in fila, uno accanto all’altro, i ritratti dei suoi antenati attori, una lunga dinastia di gente nata e vissuta per il palcoscenico.
La sua maschera, che tante commedie, tanti film, tanti spettacoli televisivi (e perfino un Carosello in cui decantava i pregi di un certo olio, ma a lui possiamo perdonare tutto!) ci hanno reso familiare al naturale, più pacata, meno segnata di quella che conosciamo nella finzione scenica. Ma lo sguardo, che mi fissa attraverso un paio di occhiali dalla, montatura un po’ antiquata, conserva la stessa arguzia.
E' uno degli attori più amati dal pubblico italiano, uno dei più grandi, terzogenito di quella che, a buona ragione, si può chiamare la grande «famiglia reale» del teatro napoletano. Lo abbiamo visto in decine di film, pellicole talvolta modeste e talaltra di buon livello artistico — lo ricordate in «Boccaccio ’70», insuperabile interprete dell’episodio diretto da Federico Fellini? — lo abbiamo ammirato alla televisione in tante commedie— indimenticabile, per la sua comicità, la serie «Peppino ai balcone» — e ora, dopo averci fatto ridere e soffrire con I suoi personaggi maltrattati dalla sorte, dopo averci fatto amare la Napoli più pittoresca e suggestiva, quella che soffre la fame e campa di piccoli espedienti, ha accettato di misurarsi in un ruolo nuovo per lui: quello del presentatore, e per sedici serate sarà il pilastro su cui poggia la trasmissione «clou» dell'Inverno. Da attore di gran razza ha accettato di fare questa nuova esperienza, perchè ama il rischio e adora il suo pubblico. Come accoglieranno I telespettatori questo nuovo Peppino? Lui stesso se lo chiede e confessa di avere un poco di paura. Egli si preoccupa soprattutto del pubblico femminile, che è di gran lunga quello più numeroso.
«Le donne la sera si mettono davanti al video, magari sferruzzando, cucendo. Il mattino debbono alzarsi presto e la sera, al contrario degli uomini, stanno in casa. Sono loro il grande pubblico della TV».
Le donne. Pare impossibile ma quando una donna va ad intervistare un personaggio popolare, il discorso cade inevitabilmente sul mondo femminile, forse perchè è oggi quello più in fermento, che sollecita maggiormente la discussione. Ma che cosa pensa Peppino De Filippo della donna di oggi? Un po' bene e un po' mie, da uomo che ha conosciuto due generazioni, ed è in bilico fra il presente e il passato.
«Vede, signora, io ho un concetto molto alto delle donne, ma un concetto un po’ particolare: potrei amare una donna liberale al cento per cento, però preferisco la donna nel senso più tradizionale della parola. quella che accudisce al marito, alla casa, al figli».
«Allora lei, nel 1966, non è d'accordo che la donna lavori?».
«Non mi fraintenda, signora: io non sono un conformista. La donna può fare di tutto, può fare l'avvocato. Il medico e tante altre belle cose, purché non trascuri la famiglia. La donna che vuole lavorare lo faccia pure, ma non oltrepassi i limiti. Non so se mi sono spiegato bene, ora le faccio un esemplo. Io sono stato in Russia e ho visto cose che mi hanno molto interessato: ho visto donne lavorare sodo, con grande forza di volontà, ma lo fanno con uno scopo preciso: devono contribuire a sollevare il livello di vita del Paese, lavorano per un ideale comune, ma da noi spesso lavorano per farsi un vestito in più. per acquistare la Topolino, per comprare un elettrodomestico nuovo. Non è tutta colpa delle donne, è vero, viviamo in una società fatta cosi, piena di sollecitazioni. la stessa televisione è un continuo invito a comprare questo o quello. Ma non si deve credere che avere delle cose significhi essere più felici. La felicità non è fatta di oggetti, di cose, ma di sentimenti, di ideali. Se lo penso al futuro ho quasi paura...».
C'è, in Peppino De Filippo, una sorta di amore per il passato e una certa diffidenza verso il mondo moderno, anche se del mondo di oggi sa apprezzare molti aspetti. E' per il divorzio, la pillola, conquiste della civiltà moderna, del progresso e tuttavia confessa: «Il futuro mi fa paura». E' un uomo all'antica e un attore attuale capace di farsi capire e amare dal pubblico giovane. E non solo quello italiano, poiché ogni sua tournée all'estero è un caloroso successo. Forse perchè resistono in lui la sensibilità, l'umorismo tragico del napoletano.
«Napoli mi ha insegnato cose fondamentali — dice —. Mi ha insegnato la pazienza, la saggezza di chi è povero e aspetta sempre qualcosa di meglio dalla vita. Mi ha insegnato che la miseria si vince con la volontà e con il lavoro. Forse se fossi nato in un ambiente ricco non avrei fatto niente di buono nella vita, lo credo che la sofferenza materiale, per chi ha saldi sentimenti, sia maestra di vita. Qualche volta purtroppo porta anche alla tragedia: c'è gente che uccide per diecimila lire».
«Che cosa conta maggiormente per lei, oggi: il denaro, il successo, l'affetto del pubblico?». «L'affetto del pubblico. Ha anche i suoi lati negativi: non posso fermarmi a guardare un negozio, non posso sedermi a un bar senza sentirmi "covato" dalla gente, mi hanno privato del cognome, io ormai sono "Peppino" e basta, ma sento che il pubblico mi vuole bene e questa è una sensazione meravigliosa».
Gli rivolgo un'ultima domanda, prima di lasciarlo. «Ha molta nostalgia del periodo in cui i tre De Filippo lavoravano insieme?». «Moltissima. Siamo stati insieme quattordici anni, e non è poco: il tempo di esaurire una vena del repertorio: non trovavamo più lavori adatti a noi. Erano bel tempi; tempi del primi successi, quando uno vede che sta per realizzare qualcosa. raggiungere uno scopo. Noi eravamo dei rivoluzionari, portavamo nel teatro una rivoluzione di caratteri, di linguaggio, di scenari, di gesti, di modo di recitare e il pubblico ci incoraggiava, ci capiva. Ora il cerchio si è spezzato. Spero che mio figlio riesca a rinsaldarlo».
Maria Maffei, «Noi donne», 1966.
Maria Maffei, «Noi donne», 1966 |