Parlando con Vittorio De Sica

Vittorio De Sica

1941 09 11 Tempo Vittorio De Sica intro

Accompagnandomi una volta con Vittorio De Sica, ho capito come sia faticosa la vita di un uomo quando da tutti è riconosciuto. De Sica mi parlava serenamente e mi invogliava a cercare una solitaria trattoria dove poter star seduti in pace. Mi sembrava d’essere con un vecchio amico, tanto lui era cordiale e semplice, per questo anch’io desideravo un posto tranquillo. E invece: in tranvai Io riconoscevano. per istrada Io riconoscevano, al caffè lo riconoscevano. Una girandola, attorno a lui (e un poco anche a me), di sguardi, di sorrisi, persino d’amichevoli cenni di saluto e, anche, di intesa. Proprio come se tutti si vantassero, e facessero capire: «Caro, a me non la fai: ti ho riconosciuto ».

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Evidentemente De Sica è di natura ottimista. Fingeva di non vedere, di non sentire nulla, ma intanto insisteva nel farmi enumerare le trattorie più fuori mano, quasi cercasse quella dove lui poteva andarci come cliente «unico». Mi ricordai d’una vecchia stanza nera, alla periferia, dove capitavano soltanto ciclisti frettolosi e carrettieri di passaggio.

Vi andammo e fu un disastro. La figlia dell’oste lo riconobbe, chiamò la madre che apparve scalmanata, abbandonando i fornelli, e poi vennero molte ragazze, molti ragazzi simpatici ma petulanti. Mangiammo male; non riuscimmo a parlare delle cose nostre; e tutti lo chiamavano « signor Vittorio », quando tentammo di uscire. Un vero martirio. E non per nulla, sulla guida telefonica di Roma, non troverete stampato il suo nome, il numero del suo apparecchio. Eppure il telefono, in casa del commendatore Vittorio De Sica esiste.

M. M., «Tempo», anno V, n.119, 4 settembre 1941


Tempo
M. M., «Tempo», anno V, n.119, 4 settembre 1941