UN SALOTTO A CAPRI

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🎭 "Scannagatti a colori": ovvero Totò, gli esistenzialisti, la "evve" e il culto del camuffamento 🎩

Eccoci qui, nell’immediato dopoguerra, in quel limbo teatrale dove la polvere degli stucchi crollati si mescola alle ciprie di Via Veneto, e mentre l’Italia cerca disperatamente di reinventarsi, Galdieri — penna arguta e raffinata — ci serve su un piatto (non proprio d’argento, ma almeno smaltato) un Totò in salsa camaleontica. Lo sketch, originariamente cucinato tra le quinte della rivista "C’era una volta il mondo" (1946–1948), si trasforma poi, col fard, le luci e il Technicolor, in una delle sequenze più esilaranti del film "Totò a colori" (1952), vera bomboniera di nonsense e antropologia ridanciana.

E allora... apriamo il sipario! 🎬

🏝️ Totò, l’esistenzialismo e la camminata internazionale

Il nostro protagonista, Antonio Scannagatti, che di cognome fa pensare a un artigiano dell’inganno o a un truffatore con diploma in calligrafia gotica, si ritrova niente meno che a Capri. Ma non quella Capri da cartolina con le limonate e i sandali, bensì la Capri del dopoguerra, colonizzata da artisti a metà, filosofi da cocktail, signorine snob che leggono Rimbaud sottosopra, e giovanotti col monocolo e l’anima in subaffitto.

E per quale motivo Scannagatti si cala tra costoro? Ma per inseguire una bugia! Una signorina che millanta conoscenze editoriali altolocate, più precisamente con un certo Tiscordi — cognome che già da solo puzza di parodia colta e carta intestata truffaldina. Lui ci crede? Ovviamente sì. È Totò, ma anche Ulisse, ma anche Don Chisciotte. Quindi entra in scena con tutta la fiducia cieca dell’italiano medio postbellico che sogna l'America a Cinecittà.

🧒 Il sindaco, il figlio e l’infanzia ritrovata (coi baffi)

Scannagatti si intrufola nella residenza modaiola e demenziale grazie a un personaggio che è un capolavoro dell’assurdo: il figlio del sindaco, che pur essendo un uomo fatto e finito, con baffi e sguardo da travet, gioca a terra con biglie e soldatini, rimandando immediatamente all’Italia intera che, finita la guerra, non sa più se essere un paese adulto o un infante traumatizzato che finge di aver capito tutto.

La casa in questione non è una semplice abitazione: è un tempio del posticcio, un cenacolo del superfluo, un museo del vacuo. Gente che non ha opinioni, ma posture. Non idee, ma espressioni. Non voci, ma vocalizzi. In questo acquario di vanità, Totò si deve trasformare.

🕺 Camuffamento Totale™: Totò, la "evve" e l’arte del travestimento

Per sopravvivere in quell’habitat bizzarro, Totò riceve tre ordini perentori, come se dovesse infiltrarsi nella resistenza esistenzialista:

  1. Camminata internazionale: cioè barcollante, distratta, con una caviglia in crisi esistenziale.
  2. Stanchezza congenita: guai ad avere energia! In quel contesto, essere vivaci è roba da sottoproletariato culturale.
  3. Sostituire la “r” con la “v”: e qui Totò si supera, trasformandosi in un geniale transfonetico, riuscendo ad apparire contemporaneamente francese, snob e un po’ scemo. Un maestro.

E come sempre, da perfetto equilibrista del linguaggio, Totò non solo riesce a infilarsi nel personaggio, ma lo distorce fino a renderlo grottesco, a farne una maschera di sé stesso, un totem del travestimento.

🔔 La processione funebre di Cab Calloway: quando l’assurdo è musica

A questo punto, lo sketch deraglia (con gioia) nella pura demenza poetica. Gli inquilini della casa, colti da un attacco di culto, iniziano a intonare un brano di Cab Calloway — il jazzista americano! — mentre marciano al rallentatore, lamentandosi con campane a morto, in una sorta di processione funebre spirituale e strampalata. Totò, ovviamente, è il maestro di cerimonia, il santone di una religione assurda fondata sulla parodia della cultura e sull’elogio dell’inadeguatezza.

Una scena che pare uscita da un film di Buñuel se Buñuel fosse nato a Napoli e avesse fatto il servizio militare in un varietà.

🍑 Servette battono chic: il cuore ha le sue forme

E poi, il colpo di scena, ma anche no. Perché il Totò che conosciamo non cade nelle trappole dell’apparenza. Le sofisticate, intellettualissime, smunte ragazze da salotto bohemien? Non lo attirano. Lui, figlio di una Napoli vera, sincera, e magari un po’ zozzetta, cede al fascino carnale della servetta, formosa, reale, e presumibilmente molto poco esistenzialista.

Una scelta che è tutta una dichiarazione poetica: laddove gli altri si perdono nell’effimero, Totò torna all’essenziale. Una lezione d’etica mascherata da gag.

🌀 Il camuffamento come filosofia (ma anche come trappola)

Alla fine, resta una riflessione degna di un saggio di Pirandello con in sottofondo la fisarmonica di Malafemmena: il camuffamento è condizione necessaria per il dialogo. Senza travestimento, non ci capiremmo. Ma… — e qui il genio di Totò si fa sentire — chi si traveste troppo, chi resta ingabbiato nella maschera, smette di comunicare.

Insomma: siate voi stessi, ma se proprio dovete fingere, fatelo con ironia e con la "evve".

**🧠 Conclusioni filosofico-satiriche (per chi ha ancora voglia di ragionare con Totò)

Lo sketch è la radiografia buffonesca dell’Italia postbellica in cerca d’identità. È un’operetta in miniatura, dove ogni battuta è una lama e ogni gesto una pugnalata al perbenismo. È una satira di classe, di stile, di forma, ma soprattutto una dichiarazione d’amore per il teatro e per il potere trasformatore della comicità.

Totò smonta la bugia, ne indossa i vestiti, e ce la restituisce ridendo. E nel frattempo ci mostra che ridere, dopotutto, è il modo migliore per tornare umani dopo la guerra, dopo le illusioni, dopo i Gagà.

Fine della trasmissione. Con campana. 🔔


Scena dello sketch tratta dal film "Totò a colori" (1952)

PERSONAGGI DELLA RIVISTA «C'era una volta il mondo»:

Luano: Totò
Padre: Giuseppe De Martino
Edvige: Elena Giusti
Chery: Mario Castellani
D. Lucia: R. Pedrani


PADRE (in short e camicia) ...Lo sai che non mi piace interrompere il pranzo... Perché m’hai fatto chiamare?...
EDVIGE (Elena Giusti) Per dirti subito che non mi va...
PADRE Ma perché?... È giovane... È carino... E ci ha la grana!... Io non so cosa gli manca...
EDVIGE La classe... la nostra classe, papino... Non « fa » Dado...
PADRE Ma che specie di marito ci vorrebbe per te?... Non lo so capire...
EDVIGE Un Foffo... un Chery...
PADRE Chery?... Ma se lo chiamano «la vergine sacra»?!
CHERY (Castellani) (entra in bizzarro costume caprese) Me voilà! M’ha chiamato lei, colonnello?...
PADRE Eh... vi vuole sposare...
CHERY Tu?... oh... O tutta matta!... Permette, colonnello?... Scusi, sartia... vorrei dirle che lei è antiquato a catinella...
PADRE Sarebbe a dire?...
CHERY (tirandogli la camicia fuori dei pantaloni)
PADRE Ma no... (reagisce, ma Chery gli tira la camicia tutta fuori)
CHERY Ma sf... solo cosi... « fa Capri »!
EDVIGE Ecco... Hai visto, papà, che vuol dire essere uno Chery?... un tocco... e tà... Ora fai Dado... Sei un cannone, Chery...
CHERY Grazie. Hai visto che progressi ho fatto fare al tuo futuro fidanzato?... Eh?... Capelli alla Chico... Shorts di raso...
EDVIGE Non basta « iniziarlo » nel vestire... È « dentro » che va « fatto ».
CHERY E lo « farò »... sta’ tranquilla, che « farò » anche lui...
PADRE E quando l’avrà fatto Chery... quel ragazzo sarà, come tu dici, « un sogno »...
EDVIGE « Un sogno »... che si chiama Lomazzo!
CHERY L’ho ribattezzato « Luano »... fa molto Gange.
EDVIGE Speriamo... ma fin che non si sarà « fatto »... io non dirò di sì... è sempre figlio d’un camionettista arricchito (fa per andare)
PADRE La grana ci vuole, cocca mia...
EDVIGE E va bene!... Ma mò bisogna che sgangi... papà mio! (esce, seguita dal PADRE)
LUANO (Totò) (in short, blusa a dragoni, rete a tracolla, sandali d’oro, ecc.) Neh... ma che modi sono questi?... Mi lasciano a tavola solo come un broccolo... almeno m’avessero mandato la cameriera...
CHERY Lascia stare la cameriera... E tieniti su... dàtti tono... dàtti classe... Hai dimenticato tutta la lezione... A chi dovevi baciare per prima la mano, quando siamo arrivati?...
LUANO Alla cameriera...
CHERY Ma no... a donna Licia... E dopo che t’avevo presentato dovevi . dire: Enchanté, madame...
LUANO (ripetendo) Vu scianté, madame?
CHERY Ma no... È la figlia... che canta!... Ah... È un ambiente troppo raffinato, per te...
LUANO E perché mi ci hai portato?...
CHERY Perché tuo padre si vuole imparentare col colonnello, ch’è nobile... E t’ha affidato a me... Io ti devo « fare »... E ti « farò »! Ma tu devi ascoltarmi e non farmi fare le brutte figure... Come oggi che, quando la serva ha portato la vaschetta con l’acqua e i petali di rosa, te la sei bevuta d’un fiato!...
LUANO Ah, già! Mi ci dovevo fare il maniluvio!
CHERY Ma no... ci dovevi... appena appena plonger le doigts... bagnarti le dita...
LUANO Ma io ieri mattina mi sono bagnato sano sano alla Piccola Marina... Quante volte alla settimana uno si dovrebbe sciacquariare?...
CHERY Hai paura dell’acqua?...
LUANO E questi hanno paura del vino... Un dito cosi ne ho bevuto!... Ma mi dici che razza di pranzo è stato quello?... Brodino.... brodino...
CHERY Ma che brodino! Consommé... alle crèpes...
LUANO Stavo crepando io, a vedere quella roba gialla...
CHERY Maionnaise alla sauce verde...
LUANO Appunto... mi sò ricordato di quand’ero in fasce...
CHERY Ma in pranzi come questi non conta quello che si mangia... conta come lo si serve... LUANO Qua l’unica cosa che serve è la serva!
CHERY Ma ti piace proprio tanto, questa serva? Io non ci trovo niente d’eccezionale...
LUANO Tu... per me... è una cannonata!..
CHERY Vedi... quando vuoi... sai anche adoperare il nostro linguaggio... Ma sarebbe stato meglio dire: « mi piace un pozzo! » « mi piace venti sacchi ».
LUANO A me mi piace un putiferio perché ci ha un par de cosce che fanno faville! CHERY Non ci siamo...
LUANO Io trovo che la serva « fa molto Gilda »... e anch’io devo piacere ad ella perché più d’una volta m’ha fatto l’occhiello!...
CHERY Ma è una fissazione con questa serva...
(Entra la serva). LUANO E tu guardala bene... Va là... che spopola! cameriera Le signore saranno qui a momenti... il caffè vogliono servirlo loro...
LUANO Io me lo vengo a prendere con voi, in cucina... cameriera (civettosissima) E perché no?
LUANO (fa per seguirla, ma Chery lo trattiene) Tu resti qui...
EDVIGE (entra col servizio da caffè, seguita dalla madre) Ecco il caffè!
D. LUCIA Tengo molto al vostro giudizio, caro Lomazzo... Chery, Luano...
d. LUCIA Già... caro LUANO... Che ne dite?...
LUANO Sciant vù, madame?...
EDVIGE Sentiamo... com’è?...
LUANO (alludendo alla cameriera) È bbona...
EDVIGE Ma no... il caffè!...
LUANO Una ciufeca!...
CHERY Lei deve compatirlo, donna Lucia... Il nostro Luano... è un po’ materialista... Vede le cose...
LUANO ...come sono! Questo caffè è una ciufeca... tutti (respirano) Ah... Luano È una zoza!
(dopo il soggetto del caffè) EDVIGE Ma è « nicciano » addirittura!
CHERY Io direi piuttosto esistenzialista... d. lucia Sartre?... (a Luano)
LUANO No... camionista.
EDVIGE Ma no... mamma diceva « Sartre »... Quello di « Porte chiuse ».
CHERY II Sartre delle « Mosche »...
LUANO Pure le mosche adesso fanno toletta?
CHERY Ma no... Il Sartre della « Putain respectueuse ».
LUANO Allora lo so... È Sciugart...
CHERY Chi è questo Sciugart?...
LUANO II sart delle piutèn... lo sanno tutti!
PADRE Sorpresa! Sorpresa! (porta una tela dipinta) Dopo aver empito la pancia...
LUANO All’anema d’ ’a palla...
PADRE ...volevo dire: « dopo aver cibato il pancreas... cibiamo un po’ lo spirito!... ». Guardate il mio capolavoro!
CHERY Oh... (soggetto) Ma è un sogno... Tu che ne dici?...
LUANO È una cannonata!
PADRE Già, è una vera cannonata...
LUANO Dopo che è arrivato, però!
D. LUCIA Sembra quasi un « Sesanne »...
EDVIGE Per me... è « un De Chirico »!
CHERY Per me è... è un Picasso!
PADRE E per voi?
LUANO A me non me passa manco p’ icasso! (soggetto)
EDVIGE È inutile! È proprio refrattario al bello!
CHERY Bisogna educarlo! Istruirlo artisticamente Donna Lucia... declamateci dei versi...
D. LUCIA Beh... giacché insiste tanto...
LUANO Io no... Non ho insistito per niente...
D. LUCIA Proprio per farvi contenti... vi dirò una mia poesia « artigiana »!
CHERY Capisci?... Donna Lucia ci dirà una « poesia artigiana »!?...
PADRE Intendete la « classe » di questo connubio?... Nobiltà, Arte, Proletariato...
EDVIGE ...e fa molto « Luchino » tutto ciò! PADRE (a D. Lucia) E allora... esibisciti... sotto...
LUANO Qua... (soggetto)
D. LUCIA (annunciando) Dove va?... Canta il fabbro artigianello... La canzone del martello corre corre e non rista! Dove va?... La gentile capinera spiega il volo a primavera... Vola vola e non ristà... Dove va?... Grossa e viscida un’anguilla sguscia e sguiscia arzilla arzilla... sguscia e sguiscia e non ristà... Dove va?... Ed il sorcio birichino guizza e salta nel giardino... guizza e salta e non ristà... Dove va?...
EDVIGE Ma non sentite come l’anima s’abbevera di luce, alle sorgenti della poesia?...

D. LUCIA L’arte inebria... eleva...
CHERY Elevati anche tu... fino a noi... Sali... sali... (soggetto) Monta!
LUANO Ma quella serva che ogni tanto se ne va!
EDVIGE LUANO... Ma perché non ci mettete un po’ di buona volontà?... Miglioratevi... classatevi... e quando saremo sposati... nei lenti pomeriggi domenicali... io v’allieterò con il mio canto...
LUANO Mi allieterete?
EDVIGE Come ora... (Canta "Triste domenica”)(Canto a soggetto)
PADRE Ma allora lo facciamo o non lo facciamo questo matrimonio?...
LUANO A un patto... tutti Quale?'...
LUANO Che stiamo sempre qui... tutti. E perché?...
LUANO Perché solo l’aria di Capri mi potrà fare digerire dei parenti terribili come voi!

(Canto e finale a concerto)

Cibaba Cibaba Cibaba Qui la gente perde i lumi...
Cibaba Cibaba Cibaba... d’impazzire ha la gran libertà!

(Si spogliano, fanno mille cose da matti, poi si gettano dalla finestra da cui si rivedono passare su una barchetta a vela, urlanti come ossessi).


Riferimenti e bibliografie:

  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976
  • "Siamo uomini o caporali?" (Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli) - Ed. Capriotti, 1952